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Dolcetto gluten-free

in IDEAS/Sweet

Cercando di applicare quanto detto sulle proteine di origine vegetale, in particolare utilizzando quelle di soia, illustriamo a seguire cosa abbiamo osservato durante lo sviluppo di un dolcetto al cacao. L’idea di base è stata quella di provare a sviluppare un “muffin al cacao gluten-free” realizzabile a livello domestico, limitando al massimo l’utilizzo di ingredienti e additivi e sostuituendo il glutine con un’altra fonte proteica di origine vegetale. Un pò più divertente è stato cercare di ottenere una texture e un gusto comparabile ad un riferimento “classico” contenente glutine.

Dopo diverse elaborazioni, utilizzando diverse combinazioni di ingredienti e fonti proteiche alternative al glutine, con risultati più e meno soddisfacenti, riportiamo a seguire le tre ricette selezionate e ritenute utili per la comparazione dei risultati ottenuti:

  • ref A: ricetta di riferimento gluten-free, senza proteine di soia
  • ref STD: ricetta utilizzata come riferimento standard, con glutine
  • ref A + soya protein: aggiunta di proteine di soia alla ricetta di riferimento gluten free (ref A)

I seguenti rapporti tra i vari macronutrienti, relativi all’impasto fresco, possono dare un’idea di base per lo sviluppo di formulazioni alternative una volta determinato il proprio riferimento.

Preparazione:

  • liquidi: uova, olio e acqua sono stati miscelati per 2 minuti in un recipiente di sufficiente grandezza (una caraffa di plastica può andare molto bene) utilizzando un frullino elettico a fruste. Velocità minima per il primo minuto, velocità massina il secondo;
  • polveri: tutti gli ingredienti in polvere pesati, sono stati miscelati una prima volta, setacciati finemente e nuovamente miscelati. Per la miscelazione delle polveri si può procedere riponendole in un sacchetto sigillato e scuotendo manualmente per 30 secondi;
  • impasto: i liquidi, sotto agitazione del frulllino elettrico con fruste a velocità minima, le polveri sono state aggiunte poco alla volta ai liquidi fino a creare un impasto liscio e scorrevole. Il tempo medio impiegato per miscelare gli ingredienti è stato di 120 secondi. Una volta ottenuto un composto omogeneo, la miscelazione è stata mantenuta per altri 60 secondi. PRima della messa in forno, l’impasto è stato fatto riposare in frigo per 20 minuti al fine di permettere una corretta e sufficiente idratazione delle proteine. Questo favorisce inoltre un aumento della viscosità che, gneralmente, è utile anche qualora si volessero inserire nella ricettazione delle inclusioni, come ad esempio frutta candita o gocce di cioccolato, e limitare il loro “affondamento” durante la fase di cottura;
  • cottura: per ogni impasto, sono stati preparati 8 campioni da 50g ciascuno che sono stati cotti in forno ventilato ad una temperatura media di 150 °C per un tempo pari di 26 minuti.

Le rese relative al calo peso sono di seguito riportate:

I valori nutrizionali teorici medi calcolati, non presentano marcate differenze come da tabella:

Alcune osservazioni di utilità pratica:

  • intreressante la tendenza, da parte dei campioni “ref A+soya protein“, ad avere un calo peso inferiore probabilmente dovuto alla capacità delle proteine di soia di trattenere maggiormente l’acqua. Lo stesso comportamento è stato osservato in diverse altre formulazioni testate e non riportate in questo post;
  • all’aumentare della % di proteine (soya, riso, soia+riso), l’altezza media dei campioni è diminuita così come la sofficità presente nel prodotto finito rispetto allo standard di riferimento;
  • un contenuto di proteine aggiunte superiore al 4-4,5%, soprattutto nei mix soia+riso, in rapporto 3:1, sembrano portare ad ottenere una superficie più liscia e compatta, ad una struttura più farinosa e meno elastica e ad un retrogusto anomalo (“cartone“);
  • i campioni formulati con solo amido di mais, sono apparsi superficialmente di colore più chiaro;
  • la setacciatura degli ingredienti in polvere ha migliorato la texture e l’alveolatura in quanto, la miscelazione parziale e non accurata delle polveri tende a creare delle zone in cui alcuni componenti si possono concentrare. Ad esempio, se gli agenti lievitanti sono dispersi in modo disomogeno, durante la cotture si possono manifestare dei rigonfiomenti anomali dovuti proprio all’espansione localizzata dei gas sviluppati;
  • in difetto di acqua e di uova, l’espansione del volume si riduce notevolmente;
  • in fase di cottura, per una maggiore uniformità del prodotto, soprattutto nell’espansione del volume, sono state più efficaci temperature inferiori a 160 °C per un tempo superiore o pari a 25 minuti (145155 °C, 30-25 minuti), forno ventilato e ripiano più in basso;
  • per un gusto più “ricco”, l’olio di girasole e l’acqua possono essere sostituiti rispettivamente con burro e latte intero;
  • per ottenere una forma leggermente più “appuntita” si potrebbero testare % e tipologie di agenti lievitanti diverse. Nel nostro caso, la forza del reticolo creato dalla matrice proteica (soya) potrebbe aver contribuito a limitare, almeno in parte, l’espansione dell’impasto e un piccolo incremento % di baking powder avrebbe potuto portare ad ottenere la forma citata. Relativamente ai “lieviti chimici”, dedicheremo prossimamente un approndimento.

Se pur con qualche approsimazione scientifica (concedetecela 🙂 ) derivante dall’applicazione casalinga, e considerando che non sono stati utilizzati “miglioratori” quali enzimi, emulsionanti e idrocolloidi, i risultati ottenuti sono stati soddisfacenti sia in termini di gusto che di struttura anche dopo 48 ore di conservazione a temperatura ambiente in un contenitore ermetico (nel nostro caso, una scatola ermetica di latta comunemente utilizzata per biscotti, si è dimostrata efficace a tale fine).

Dictionary of nutraceuticals and functional foods

in BOOKS/Research and Development

Ancora oggi, Dictionary of Nutraceuticals and Functional Foods (edito da Michael Eskin e Snait Tamir, CRC Press, Taylor and Francis) molto probailmente è l’unico dizionario di riferimento nell’area dei nutraceutici e dei cibi funzionali. Dalla gomma di acacia agli zucchini (o meglio, con l’acido Brionolico quale triterpene presente in diverse specie della Famiglia delle Cucurbitacee e alla quale lo zucchino appartiene) vengono fornite dettagliate informazioni chimiche, biochimiche e tecnologiche. Presenti numerose rappresentazioni relative alle strutture chimiche dei composti considerati e molti i riferimenti bibliografici. Un buon punto di partenza per un campo in continua evoluzione che necessita un aggiornamento continuo e merita un’attenzione particolare visti il volume e il valore generati a livello mondiale dal settore.

Scaldare con le microonde

in HOW TO

In questa nuova sezione cercheremo di dare risposta, o almeno qualche utile suggerimento o consiglio, ad alcune delle domande, a volte più tecniche e altre come curiosità, che ci sono state poste. Parallelamente, forniremo alcune pratiche indicazioni che ci auguriamo possano essere utilmente impiegate in alcune attività di carattere applicativo.

Iniziamo con una curiosità:

  • Utilizzando il forno a microonde, come posso raggiungere la temperatura desiderata dell’acqua in una tazza?

Ad ognuno di noi, probabilmente, è capitato almeno una volta di utilizzare il forno a microonde per scaldare una tazza d’acqua da utilizzare per l’infusione della propria tisana preferita ma anche di non sapere quale combinazione di tempo e potenza utilizzare per raggiungere la temperatura desiderata.

Le tabelle che seguono riportano i dati medi di temperatura ricavati dai test effettuati combinando:

  • potenza impiegata, espressa in Watt
  • tempo del trattamento, espresso in secondi
  • volume, espressa in ml (1 ml si può considerare pari a 1 g)

Costanti sono stati mantenuti:

  • contenitore, una classica tazza di porcellana con manico, capacità 300 ml
  • liquido, acqua di rete
  • temperatura iniziale del liquido, 24,5 ±0,5 °C

Le tabelle indicano le temperature medie registrate secondo le combinazioni di:

  • tempo di trattamento: 30, 60, 90, 120, 150 e 180 secondi
  • potenza applicata, 90, 180, 360, 600 e 900 Watt
  • volume di acqua utilizzato, 100, 150, 200 e 250 ml

I dati:

Per i tempi di trattamento sono stati considerati quelli ritenuti ragionevoli dall’esperienza comune e dalla pratica necessità di velocizzare i tempi rispetto ad altri metodi di riscaldamento. Anche se i valori di temperatura ottenuti potrebbero discostarsi da quanto indicato per la presenza di alcune variabili (tipo di forno, tipo di contenitore, parametri di settaggio, ecc.), possono dare un’idea sulle combinazioni di tempo, temperatura e quantità da utilizzare per l’applicazione di interesse.

Nota: l’indicazione delle temperature è relativa alle misurazioni effettuate al termine del processo considerato. Ad esempio, un valore pari 100 °C indica che l’acqua, al termine del processo, stava bollendo e non fornisce indicazione sul momento in cui ha raggiunto tale valore.

Pan-focaccia con il “claim”

in IDEAS/Salty

Dopo la pizza, un “pan-focaccia rustico” con una percentuale proteica doppia (12-18%), rispetto a quella che può essere considerata standard (6-9%), è l’esempio applicativo che illustriamo a seguire e che prevede l’impiego di proteine di origine vegetale, soia nello specifico, come ingrediente caratterizzante.

L’obiettivo di base? Ottenere una formulazione che permettesse di vantare sul prodotto finito il claim “ad alto contenuto di proteine” secondo il Regolamento (UE) 1924/2006.

L’impasto, dopo una lievitazione di 3 ore a 21 ±2 °C, è stato cotto per 55 minuti a 175 ±5 °C. Dopo cottura, e prima del consumo, è importante lasciare riposare il prodotto affinchè la sua struttura e il livello di umidità raggiungano l’equilibrio.

I valori nutrizionali medi indicativi sono stati calcolati considerando il calo peso medio riportato sopra (24,3%) e, nel caso specifico, utilizzando come riferimento normativo il Regolamento (UE) 1924/2006, possiamo dire che il prodotto può essere considerato “ad alto contenuto di proteine” in quanto, “almeno il 20% del valore energetico dell’alimento è apportato da proteine“.

Quanto riportato è solo uno degli esempi applicativi tra i tanti possibili. Considerando il caso specifico come punto di partenza, cercheremo di valutare successivamente formulazioni e metodi alternativi così da ottimizzare ricetta e processo.

Ulteriori informazioni sul fabbiogno di nutrienti, sono disponibili nei link che seguono:

Functional food product development

in BOOKS/Research and Development

Suddiviso in 4 parti e 21 capitoli, Functional Food Product Development (edito da Jim Smith and Edward Charter, Prince Edward Island Food Technology Centre, Charlottetown, Canada. Wiley Blackwell), passa in rassegna le tecnologie, gli ingredienti, la progettazione, la legislazione e gli aspetti nutrizionali legati alla produzione, produzione, sviluppo e consumo di “alimenti funzionali”. Edito nel 2010, la parte relativa alla regolamentazione legale dovrebbe essere integrata ed estesa considerando i più recenti aggiornamenti in ambito normativo. Nel complesso rimane comunque un testo tecnico completo che fornisce una visione dettagliata sull’argomento.

Food packaging technology

in BOOKS/Packaging and Design

La conservazione dei prodotti alimentari è una componente molto importante dell’intero ciclo produttivo e che deve essere valutata attentamente in ogni fase dello sviluppo di un nuovo prodotto o nel miglioramento di uno esistente. Food packaging technology (Richard Coles, Derek McDowell, Mark J. Kirwan, Blackwell Publishing, CRC Press) fornisce una visione completa sul mondo del packaging trattando, con molti dettagli tecnici, 5 aree principali

  • strategia, design e sviluppo
  • deterioramento degli alimenti e metodi di conservazione
  • qualità dei prodotti confezionati e shelf-life
  • packaging, logistica e marketing
  • materiali e processi

Schemi, foto ed illustrazioni completano in maniera chiara le descrizioni sui processi e dei materiali.

Pizza proteica vs pizza standard

in IDEAS/Salty

Carboidrati, proteine, grassi e fibre sono i macro-nutrienti che tutti conosciamo e quelli principalmente considerati quando si parla di cucina. Come non mai al giorno d’oggi, una grande attenzione è posta soprattutto alla loro origine e alla loro fonte di provenienza. Vegetale e animale sono i due regni dai quali arrivano praticamente tutti i nostri cibi. Con riferimento alle proteine, quelle di origine vegetale sono spesso menzionate per diverse ragioni, quali la sostenibilità, la digeribilità, la reperibilità, ecc., e, sempre più frequentemente, trovano spazio tanto nella formulazione di nuovi prodotti sia tal quali come integratori alimentari, tanto da spingere diversi consumatori a sceglierle in sostituzione di quelle del latte, delle uova o della carne.

Curiosi, golosi ed affamati, abbiamo pensato di testare due ricette d’impasto tipo pizza, una delle quali arricchita di proteine di soia. L’obiettivo era quello di incrementare la quota proteica presente in un alimento essenzialmente a base di carboidrati, rendendolo nutrizionalmente più “completo”, senza penalizzare gusto e texture.

Abbiamo fatto delle assunzioni considerando la manualità e variabilità tipica dei processi casalinghi, controllando però, dove possibile, alcuni parametri quali la temperatura e il tempo. La percentuale di acqua aggiunta all’impasto A è stata leggermente superiore al fine di ottenere la stessa consistenza ed omogeneità del riferimento. Abbiamo notato che ad un incremento della quota proteica nella formulazione, segue una maggiore capacità di assorbimento d’acqua. Un fattore da considerare e ritenuto importante per il risultato finale visto che potrebbe spiegare, almeno in parte, alcune caratteristiche nel prodotto cotto e riscaldato.

  • premix: la miscela con le proteine di soia presenta una volume maggiore (densità minore) ed un colore leggermente più giallo rispetto allo standard;
  • impasto: l’impasto standard si presenta più scuro, la lavorabilità a mano risulta comparabile. L’espansione in volume è maggiore nell’impasto A;

  • pizza: dopo cottura, le differenze superficiali sono meno marcate mentre la texture dell’impasto A sembra essere più elastica e morbida rispetto al riferimento. Nella parte più esterna la croccantezza è presente in entrambe i prodotti. Il colore è risultato diverso tra i campioni, con A più “tostato” rispetto al riferimento. In questo caso il fenomeno potrebbe essere spiegato, quantomeno in parte, dalla maggiore presenza di aminoacidi nell’impasto A e conseguente aumentata/accelerata generazione di composti bruni dalla reazione di Maillard. La stessa ragione potrebbe essere alla base di un maggior flavor percepito durante l’assaggio (forse era solo fame) del prodotto A rispetto al B.

  • valori nutrizionali: la verifica della quota proteica apportata dai due impasti, e più in generale dei macronutrienti, è essenzialmente stata alla base dell’esperimento effettuato. Come calcolato, la percentuale proteica di A è più che doppia rispetto a quella di B, quella dei grassi e degli zuccheri è paragonabile. Le fibre e i carboidrati totali risultano maggiori in B. Sul fronte dei micronutrienti invece, la percentuale di sale (sodio x 2,5) è superiore nell’impasto A.

Nota empirica
Valutando come possibilità anche la conservazione in frigorifero (+2/+6 °C) di parte del prodotto per un consumo successivo, dopo 24 ore, abbiamo sottoposto le due pizze al riscaldamento con cicli di:

  • 360W per 50 secondi
  • 600W per 35 secondi

La verifica si è concentrata soprattutto sulla texture. Differenze sono state rilevate durante l’assaggio e la “gommosità” che spesso si riscontra in questo tipo di prodotto, è sembrata essere quasi assente nell’impasto contenente una maggiore quota proteica.

O forse, anche in questo caso, era solo fame.

Londra – I parte

in Cultures and Trends/WORLD

Con più di 200 lingue parlate e con più di un terzo della popolazione non nativa, Londra, oltre ad essere la città più popolosa del Regno Unito, è anche una delle più cosmopolita del mondo.

Anche nel cibo, ingredienti provenienti da usi, tradizioni e culture diverse si confondono dando origine a nuovi colori e sapori: Mexico, Perù, Brasile, Giapponese, Vietnam, India, Marocco, Africa, Polonia e Italia sono i Paesi dai quali la maggiore ispirazione arriva.

Le tendenze che si prospettano essere da guida per i prossimi 12 mesi avranno come parole d’ordine “fusion” e “hybrid”. Tra ristoranti e scaffali delle più note catene di supermarket, frangula (buckthorn), acetosa, tamarindo, hummus e kombucha sono solo alcuni dei prodotti maggiormente di moda nella tribù dei “flavourseekers“.

Parallelamente, anche gli stili di vita cambiano e l’interesse “ibrido” anche per la nutrizione si diffonde. il numero dei vegetariani e vegani part-time aumenta ed essere “flexitarian” sembra essere ormai una scelta molto diffusa anche tra i più giovani. Il “nomeat monday“, ha fatto spostare l’attenzione sullo sviluppo di nuovi prodotti a base di frutta secca e semi, proteine vegetali o da lievito (vegan ready meals), affermando quella che per molti è diventata un’opzione di consumo anche durante il resto della settimana.

In tema di colori, in una città spesso grigia, con il viola di patate, amaranto e mais, a fare da capostipite, troviamo anche il bianco della jicama, il nero della quinoa, il giallo della curcuma, del fiore di tarassaco e dello yuzu, il verde di avocado, chayote, tè matcha, spirulina e il verde-giallo del bergamotto e del jackfruit. Quest ultimo è un frutto molto interessante ed utilizzato nella cucina vegana per la sua caratteristica di ricordare sia la texture della porchetta (pulled-pork).

Tra le bevande alcohol-free, la più cool è la rosemary water (acqua con estratto di rosmarino), mentre tra le bevande spiritose, il gin è sempre più focalizzato ad esaudire i desideri più nascosti degli appassionati: si va dal gin alla lavanda ed echinacea fino ad una vera e propria personalizzazione (bespoke gin blends).

Il gusto inglese, notoriamente spostato maggiormente verso il il dolce ed il salato, sembra proprio si stia arricchendo di sfumature che lo stanno portando verso un maggiore equilibrio arricchendolo di note speziate, amare ed acide.

 

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