- page 67

Handbook of food products manufacturing

in BOOKS/Processes and Technologies

Esistono certamente libri di testo con uno stile più nuovo e dai contenuti più aggiornati, ma in Handbook of Food Products Manufacturing edito da Y. H. Hui, pubblicato da WileyInterscience (2006), troviamo gli approfondimenti tecnologici, tecnici e produttivi relativi a tutte le principali categorie di alimenti, dai prodotti da forno ai prodotti vegetali trasformati, passando dai prodotti funzionali fino a quelli della pesca.

  • Volume 1 – Principles, Bakery, Beverages, Cereals, Cheese, Confectionary, Fats, Fruits, and Functional Foods
  • Volume 2 – Health, Meat, Milk, Poultry, Seafood, and Vegetables

I 2 volumi, ancora oggi, rendono l’intera opera una delle più complete nell’ambito delle scienze e tecnologie alimentari.

Calcolare l’attività dell’acqua

in HOW TO

L’attività dell’acqua è un parametro che ha molte implicazioni nello sviluppo di nuovi alimenti, dalla stabilità microbiologica alla formazione di composti aromatici. Alcuni cenni sul suo calcolo matematico sono disponibili ai seguenti link:

Utilizzando come riferimento l’equazione di Grover e l’equazione di Norrish, in questo post riportiamo il foglio di calcolo esemplificativo per la stima dell’aw in sistemi alimentari semplici.

  • Grover: originariamente proposto come modello per il calcolo dell’attività dell’acqua delle caramelle, è basato sul concetto di “saccarosio equivalenza“. Presenta diversi limiti e non si adatta bene alle soluzioni diluite. Nel nostro esempio, viene considerata una miscela di acqua, saccarosio, destrosio e glicerolo. Nelle celle sono presenti diversi campi e nello specifico, i due più importanti sono “mi“, che indica il rapporto tra contenuto di acqua e soluto, ed “Ei” che è un valore specifico dell’elemento considerato, tabulato e disponibile in bibliografia (ad esempio, vale 1,3 per glucosio e fruttosio, 1,0 per il lattosio, 4,0 per il glicerolo).

  • Norrish: anche questo modello ha dei limiti di calcolo ma riveste un ruolo molto importante, in quanto costituisce la base di quelli successivamente sviluppati. Nato come modello previsionale dell’aw per soluzioni non elettrolitiche, è stato successivamente adattato introducento un fattore correttivo per gli elettroliti, quale il cloruro di sodio. La miscela dell’esempio è la stessa presentata precedentemente e, nelle celle di calcolo, la voce “PM” indica il peso molecolare del componente considerato, “Xs” la frazione molare del soluto e “Xw” la frazione molare dell’acqua. “k” è un coefficente caratteristico dell’elemento.

In entrambi i fogli di calcolo, le celle colorate contengono dati numerici, mentre nelle altre, sono visibili le formule adottate per i calcoli.

Nota
Il file ed il suo contenuto sono solo esemplificativi, ad uso didattico e non professionale. I calcoli possono essere soggetti ad errori impliciti o espliciti. Anche se i modelli proposti ed adattati hanno buona validità nei sistemi alimentari semplici (nell’esempio, sciroppi a base acqua e soluti semplici come gli zuccheri), i risultati derivanti da questi calcoli si possono discostare da quelli reali tanto più i sistemi alimentari diventano complessi, o con valori estremi di aw. Prima di prendere qualsiasi decisione quindi, soprattutto nel caso della definizione della shelf-life o della stabilità microbiologica, è sempre necessario verificare i dati in maniera più approfondita con analisi di tipo analitico e strumentale.

Handbook of essential oils: science, technology and applications

in BOOKS/Ingredients and Products

Il mondo degli oli essenziali, è tanto affascinate quanto complesso. Handbook of essential oils: science, technology and applications, edito da KHusnu Can Baser, Gerhard Buchbauer, pubblicato da Taylor & Francis Group, 2015, fornisce le informazioni necessarie a comprendere la storia, lo sviluppo, la chimica, la farmacologia, l’attività biologica e gli usi relativi agli oli essenziali. Un testo che permette di approfondire le principali aree di applicazione di questi importanti composti “aromatici”.

Valutare la dolcezza relativa

in HOW TO

Il tema dello zucchero e della sua riduzione e/o sostituzione nei prodotti alimentari, soprattutto in quelli dolciari, è forse quello di maggiore attualità. Durante lo sviluppo di un nuovo prodotto alimentare pertanto, può essere anche utile valutare la dolcezza (relativa) di una formulazione rispetto ad una di riferimento o, di valutare la stessa rispetto ad altre considerate alternative. Come spesso accade però, avere a disposizone uno o pochi parametri chimico-fisici, può non essere sufficiente a prevedere il profilo sensoriale di un prodotto o spiegare in modo dettagliato la complessità di un alimento. Nello specifico, molti sono i fattori che entrano in gioco nella percezione del gusto dolce: la temperatura, il contenuto acidico e il contenuto lipidico, solo per citarne alcuni.

Ammettendo alcune semplificazioni però, è possibile procedere matematicamente al calcolo della dolcezza relativa utilizzando i numerosi dati presenti in bibliografia. Con il file “Relative Sweetness” disponibile a seguire, possono essere comparate tra loro 3 formulazioni: 1 di riferimento e altre 2 per il confronto.

A titolo di esempio, è sopra riportato uno screenshot:

  • date, project name, project n., product name, notes: campi destinati all’inserimento di alcuni dati di base relativi al progetto e/o al prodotto;
  • code: corrisponde al codice, o ad una dicitura abbreviata, della materia prima da utilizzare nella formulazione. A seconda delle proprie esigenza, è possibile modificare, ridurre o ampliare il database degli ingredienti presenti nel foglio “Data”. Un “menù a tendina” dovrebbe facilitare la scelta tra le opzioni presenti;
  • ingredient: identifica il nome esteso dell’ingrediente utilizzato nella formulazione;
  • RS: corrisponde al valore tabulato della dolcezza relativa (Relative Sweetness). Lo zucchero di riferimento è il saccarosio, al quale, per convenzione, viene attribuito valore 1. Nel caso della frutta considerata, il calcolo della dolcezza realativa è stato effettuato ponderando il loro contenuto medio di glucosio, fruttosio e saccarosio;
  • CF: corrisponde al fattore di conversione in zucchero/i calcolato per lo specifico ingrediente (Conversion Factor) o al contenuto “secco” nella materia prima stessa. Ad esempio, per il saccarosio è stato considerato un fattore di conversione pari a 0,99 considerando che, mediamente e con alcune semplificazioni, lo zucchero ha un contenuto di umidità pari all’1%, corrispondente al 99% di disaccaride puro*. Nel caso della frutta, corrisponde al grado brix medio considerato;
  • main sugar(s): questo campo fornisce una indicazione di quali siano il principale zucchero o i principali zuccheri presenti nell’ingrediente impiegato;
  • Mix ref., Mix 1, Mix 2: sono rispettivamente le formulazioni da utilizzare come riferimento e il confronto. Le % di ogni singolo ingrediente sono da inserire nelle celle “colorate”;
  • %, ratio, RS ref., RS 1, RS 2: sono rispettivamente
    • le % dell’ingrediente o degli ingredienti presenti in ogni formulazione;
    • il rapporto esistente tra gli zuccheri presenti nella formulazione e la cui somma può anche identificare mediamente il residuo secco rifrattometrico;
    • il valore di dolcezza relativa (Relative Sweetness) della formulazione di riferimento e delle altre due poste a confronto.
*i dati riportati sono da considerarsi come medi ed indicativi, ricavati da analisi su materie prime normalmente presenti in commercio o indicati nelle schede tecniche fornite da alcuni produttori/distributori di ingredienti e materie prime destinate all’industria alimentare. 

Relative Sweetness

Per approfondire:

Le puree di frutta

in Products/SCIENCE

Frutta e verdura sono fonti di preziosi elementi nutritivi, e un loro ridotto consumo è riconosciuto essere un fattore di rischio per molte malattie croniche. Se da una parte risulta ancora difficile raggiungere quotidianamente un sufficiente introito di fibre, minerali, vitamine e fito-nutrienti in generale, dall’altra, è sicuramente più facile che in passato trovare gustose preparazioni vegetali pronte al consumo.

Parlando di frutta, quello delle puree, “convenzionali” e “da agricoltura biologica”, sembra essere un mercato in crescita che supererà agevolmente i 10 miliardi di dollari entro il 2021. Questi numeri saranno raggiunti a seguito della continua domanda e grazie alle numerose ricerche e applicazioni nell’ambito delle scienze e tecnologie alimentari che hanno permesso di sviluppare e consolidare prodotti e processi all’avanguardia, consentendo di preservare e rendere bio-disponibili gli elementi nutritivi propri della frutta.

La tecnologia dei processi ad alte pressioni (HPP, high-pressure processing) e quella dei campi elettrici pelsati (PEF, pulsed electric fields) sono solo due delle innovazioni in questo ambito che vengono applicate con  successo nello sviluppo di prodotti destinati ai segmenti del baby-food, degli snack e delle bevande a base di frutta.

 

 

 

 

Come avviene la produzione di purea a livello industriale?

Schematizzando:

  • arrivo della materia prima;
  • lavaggio;
  • cernita, selezione, mondatura: in questa fase, per i frutti che lo prevedono vengono effettuate anche altre operazioni come ad esempio la denocciolaura nelle pesche o nell’albicocca, o la sbucciatura nel caso della banana;
  • blanching: permette di abbassare la carica microbica, inattivare enzimi quali PPO (polifenolossidasi) e POD (perossidasi) e, ammorbidendo i tessuti vegetali, facilitare le successive operazioni meccaniche necessarie a ridurre la frutta in purea. Combinazioni di temperatura e tempo possono essere a titolo esemplificativo 90 °C x 4′, 95 °C x 30″, 98 °C x 10″;
  • triturazione grossolana;
  • triturazione fine
  • omogenizzazione;
  • standardizzazione del pH: in questa fase molto spesso viene aggiunto acido citrico e/o acido ascorbico;
  • degasatura;
  • pastorizzazione: nella tecnologia in asettico (aseptic technology), la purea di frutta viene solitamente trattata termicamente utilizzando diverse tecnologie, ad esempio, “scraped-surface heat exchanger”, “tubes in tube”, con combinazioni di tempo-temperatura variabili a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche del prodotto (ad esempio, pH, viscosità, grado brix). A puro titolo indicativo si possono avere combinazioni di 85 °C per 5′, 92 °C x 30″, 95 °C x 15″.
    Nota: in alcuni casi, dopo la pastorizzazione, le puree possono essere addizionate di zucchero, in una percentuale atta a standardizzare il grado brix, e/o di acido ascorbico come agente antiossidante. Ppossono altresì, essere sottoposte ad un processo di concentrazione (multi-stage vacuum evaporator, film-evaporator with scraper) fino ad ottenre un tenore zuccherino naturale pari a 3-6 volte maggiore rispetto a quello presente nella frutta fresca all’arrivo. In questo ultimo caso, le frazioni aromatiche volatili possono venire recuperate sfruttando il processo fisico della condensazione, reintegrate nel prodotto prima del confezionamento o essere destinate alla produzione di aromi naturali “FTNF” (from the named fruit).
  • raffreddamento: la temperatura viene rapidamente abbassata a +2/+4 °C;
  • setacciatura;
  • metal detection;
  • confezionamento in asettico: a livello industriale, i formati da 200-225 kg sono abbastanza comuni (sacchi sterili in fusti) anche se diffusi sono i formati da 1 a 25 kg destinati alle realtà artigianali o semi-industriali;
  • stoccaggio;
  • vendita: data la loro versatilità, le puree possono essere utilizzate sia tal quali che come ingredienti semilavorati in molti prodotti quali le confetture, le bevande a base frutta e i filling per il settore dolciario.

 

Per approfondire:

Frozen food science and technology

in BOOKS/Processes and Technologies

L’impiego delle basse temperature, sin dal Paleolitico, si è dimostrato essere un efficace sistema per la conservazione del cibo. In tempi relativamente recenti, i sistemi di refrigerazione, surgelazione e congelamento, si sono affermati ed evoluti permettendo, anche nelle zone a clima tropicale, di preservare inalterate (o quasi) molte delle caratteristiche chimiche e fisiche degli alimenti. Frozen food science and technology, edito da Judith A. Evans, pubblicato da Blackwell Publishing, 2009, analizza in modo dettagliato le tecnologie del freddo e le sue applicazioni ed implicazioni in ambito food. Per approfondire gli argomenti trattati e per una loro più ampia comprensione, ogni capitolo è integrato con modelli matematici, dati, grafici e tabelle.

Polidestrosio

in DICTIONARY/E numbers

Polidestrosio (Ita), Polydextrose (Eng), Polydextrose (Fra), Polidextrosa (Esp), Polydextrose (Deu).

Categoria funzionale: low-calorie bulking agent (sugar replacer), agente umettante, agente di copertura, viscosizzante, anti cristallizzante, stabilizzante.

Numero E: 1200.

Numero CAS: [68424-04-4] (polidestrosio).

Formula bruta: (C6H10O5)n

Peso molecolare: 1200-2000 (valore medio per il food grade).

Forma: polvere fine, di colore chiaro, tendente al giallo-crema, priva di odore e con un gusto leggermente dolce. Disponibile commercialmente anche sotto forma di granulato e sciroppo.

Densità media (tapped, g/cm3): 0,7-0,8.

pH (soluzione acquosa al 10%): 2,5 – 7,0 (tra 5,0 – 6,0 per il polidestrosio -N).

Punto di fusione: 130-140 °C (transizione).

Solubilità (25 °C): altamente solubile in acqua (fino all’80% w/w) e solubile in etanolo.

Produzione: policondensazione sotto-vuoto del glucosio in presenza di sorbitolo in ambiente acido. Successive fasi di purificazione permettono di ottenere polidestrosio con gradi di purezza e caratteristiche chimico-fisiche e sensoriali diversi.

Definizione (dal Regolamento (UE) 231/2012 del 9 marzo 2012): polimeri di glucosio legati in modo randomizzato con alcuni gruppi terminali di sorbitolo e con residui di acido citrico o acido fosforico uniti ai polimeri tramite legami mono- o diesterici. Si ottengono per condensazione degli ingredienti e sono formati da circa 90 parti di D-glucosio, 10 parti di sorbitolo e 1 parte di acido citrico o 0,1 parti di acido fosforico. Nei polimeri predomina il legame 1,6- glucosidico, sebbene siano presenti altri legami. I prodotti contengono piccole quantità di glucosio libero, sorbitolo, levoglucosano (1,6-anidroD-glucosio) e acido citrico e sono neutralizzabili mediante qualsiasi base commestibile e/o decolorati e deionizzati per essere ulteriormente purificati. Inoltre, i prodotti possono essere parzialmente idrogenati
con catalizzatori al nichel Raney per ridurre il glucosio residuo. Il polidestrosio-N è un polidestrosio neutralizzato.

Impiego: con un valore nutrizionale pari a 1 kcal/g, il polidestrosio (un oligosaccaride) è spesso impiegato come “agente di riempimento” nei prodotti a ridotto apporto calorico e/o in parziale sostituzione degli zuccheri. Come “fibra dietetica”, può rientrare nella formulazione di particolari alimenti e, anche in considerazione delle sue caratteristiche, può contribuire a diminuire il carico glicemico dei prodotti nei quali è impiegato. Con un potere dolcificante estremamente basso (5-10) può essere utilizzato nei prodotti da forno per modularne la dolcezza conferendone corpo e, come umettante, per rallentarne i processi deteriorativi. Nel caso delle bevande, dove è possibile aere un pH acdio, il polidestrosio di dimostra essere piuttosto stabile (poco idrolizzato) anche a seguito di un trattamento termico quale la pastorizzazione (e.g., 70 °C per 10′) e UHT (e.g., 142 °C per 6-10″). In ambito confectionery, il polidestrosio si è dimostrato essere anche un valido “anti-cristallizzante” di zuccheri e polioli nelle caramelle dure (hard candies) dove, nelle versioni sugar-free, si trova spesso combinato con isomalto, lattitolo o maltitolo. E’ utilizzato come stabilizzante e testurizzante nei prodotti lattiero-caseari da frigo e freezer quali gelati, dessert and frozen cakes. In questi casi, oltre a contribuire al “corpo” del prodotto riducento la percentuale di zuccheri impiegati, contribuisce a limitare la formazione di cristalli di ghiaccio di grandi dimensioni favorendo la formazione di quelli più piccoli. Inoltre, con miscele che considerino l’impiego di polidestrosio a basso, medio e più alto peso molecolare, si possono ottenere risultati diversi in termini di mouthfeel, texture e abbassamento del punto crioscopico. Il comitato (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives (JECFA)) e la commissione (European Commission Scientific Committee for Food (EC/SCF)) ha definito come soglia lassativa media i 90 g/d (1,3 g/kg di peso corporeo) o i 50 g/d come singola dose.

Indicazioni sulla salute (dal Regolamento (UE) 432/2012 del 16 maggio 2012): vedi “sostituti dello zucchero“, pagina 36.

Limitazioni nel dosaggio d’impiego (dal Regolamento (UE) 1129/2011) a seconda dei casi nella misura dei mg/kgmg/l, seguono alcune indicazioni sui livelli massimi d’impiego consentiti. 11.4.2 edulcoranti da tavola in polvere, quantum satis. 11.4.3 edulcoranti da tavola sotto forma di compresse, quantum satis. 14.2.1 birre e bevande a base di malto, quantum satis (dal Regolamento (UE) 470/2012).

Limitazioni nel dosaggio d’impiego (dal Regolamento (UE) 1130/2011), quantum satis come coadiuvante negli additivi alimentari e negli enzimi; aditivi alimentari, compresi i coadiuvanti; additivi alimentari nei nutrienti.

Per approfondire:

Baking problems solved

in BOOKS/Research and Development

Baking problems solved (2nd edition), edito da S. P. Cauvain, pubblicato da Woodhead Publishing in Food Science and Technology, CRC press, 2017, è un testo pensato per chi, con un approccio tecnico-scientifico, vuole risolvere le problematiche legate allo sviluppo e alla produzione dei principali prodotti da forno quali torte, biscotti, pasticcini e pane. L’analisi delle materie prime impiegate nel settore dei prodotti da forno, gli approfondimenti sulla creazione degli impasti e l’esamina delle tecniche di cottura riescono a dare una visione completa sulle tematiche trattate e suggerimenti applicativi di immediato utilizzo sia nell’ambito ambito dello sviluppo prodotto che in quello produttivo.

Vai a Top