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Inulina

in DICTIONARY/Ingredients

Inulina (Ita), inulin (Eng), inuline (Fra), inulina (Esp), inulin (Deu).

Categoria funzionale: fibra, addensante, gelificante, legante, dolcificante, prebiotico.

Numero CAS: [9005-800-5].

Formula bruta: C6H11O4(C6H11O4)nOH (n può variare in genere da 2 a 60).

Peso Molecolare: ≈ 5000.

Forma: polvere fine bianca cristallina.

Densità media (tapped, g/l): 0,65.

Punto di fusione (°C): 175-180.

Solubilità: solubile a caldo in ambiente acquoso e in soluzioni debolmente acide o alcaline, meno solubile in acqua fredda e nei solventi organici.

pH soluzione acquosa al 10%: 6,0±1,5.

Produzione: come le ciclodestrine, l’inulina trova impiego in diversi campi ma in particolare farmaceutico ed alimentare e viene estratta con un processo simile a quello utilizzato per lo zucchero da barbabietola a partire generalmente da Dahlia variabilis, Helianthus tuberosus o Cichorium intybusQui un esempio schematico delle fasi del processo produttivo.

Impiego: quantum satis/at libitum. Diversi sono i dosaggi tipici così come lo sono le applicazioni possibili in ambito lattiero-caseario, dolciario, conserviero e nutraceutico. A concentrazioni che superano il 15% ha la capacità di formare strutture molto cremose che possono gelificare. Questa sua caratteristica la rende un ingrediente “fat-replacer” / “fat-mimetic” in alcuni prodotti alimentari. A dosaggi più bassi nei prodotti surgelati stabilizza i cicli di congelamento-scongelamento (freeze-thaw stability) conferendo anche buona texture (mouth-feel sensation) e per questa ultima caratteristica è utilizzato anche nelle varianti di maionese e yogurt a minor contenuto di grasso. Le viene attribuito un indice glicemico (GI) pari a zero e fornisce come fibra, in accordo al Regolamento (UE) 1169/2011, 2 kcal/g.

Anatomia di un uovo – I parte

in Ingredients/SCIENCE

E’ nato prima l’uovo o è nata prima la gallina?
Questa forse è la “mitica” domanda che da sempre attanaglia i nostri dubbi non solo culinari.

Cercheremo, partendo da questa introduzione, di entrare nel meraviglioso mondo di questo super-food (una cellula gigante a tutti gli effetti) che spesso viene utilizzato anche come ingrediente. Infatti, oltre ad essere un vero e proprio alimento, è anche un validissimo aiuto in moltissime preparazioni alimentari: maionese, gelato, crema pasticciera, pasta ed impasti vari non sarebbero così come li conosciamo senza di lui.

Ma come è fatto un uovo?

uovo

A) guscio; BC) membrana testacea; DE) albume denso e fluido; F) camera d’aria; G) calazi (insieme al corrispondente superiore); H) tuorlo chiaro e scuro.

Il guscio poroso con la membrana testacea protegge l’uovo (o quello che potrebbe essere il futuro pulcino) permettendo anche lo scambio gassoso tra interno ed ambiente esterno. L’albume è ricco in acqua (circa 88%) e di proteine (circa 11%). La camera d’aria, che si forma durante la deposizione dell’uovo, è importante per definire la qualità intrinseca dello stesso. Aumenta di volume con il passare del tempo. In pratica, più è estesa più l’uovo è “vecchio”. I calazi, frazioni derivate dall’albume, sospendono l’uovo favorendo così importanti attività metaboliche durante la covata. Il tuorlo, con i suoi grassi (circa 32%) e le sue proteine (circa 17%) è anche una fonte preziosa di lecitine e fosfolipidi.

Nel complesso circa il 58% in peso di un uovo intero è dato dall’albume, il 33% dal tuorlo e il 9% dal guscio. Ciò significa che, in media, scomponendo un uovo grande di circa 70 g (categoria L) nelle sue 3 componenti principali, l’albume peserà 41 g, il tuorlo 23 g e il guscio 6 g.

La composizione indicativa media dei nutrienti di un uovo si divide tra il 74% di acqua, 13% di proteine, 12% di grassi, 1% di carboidrati e lo 0,5% di sali minerali.

In ambito alimentare l’albume è fondamentale in pasticceria per ottenere le deliziose meringhe. Il tuorlo è utilizzato in gelateria come emulsionante naturale e per impartire anche le tanto desiderate cremosità e struttura ferma al gelato. L’albume e il tuorlo insieme sono, con la farina, la base della pasta fresca all’uovo.

gelato

In attesa di ritrovarci al prossimo post, riportiamo alcune formulazioni dove l’uovo gioca un ruolo fondamentale: 1) miscela “gialla” per gelato, 2) meringa italiana, 3) pasta fresca all’uovo, 4) maionese e 5) crema pasticciera.

Miscela “gialla”: 61% latte intero, 14% zucchero, 11% panna, 7,5% tuorlo, 3% destrosio, 3% latte magro in polvere, q.b. stabilizzanti.

Meringa italiana: 59% zucchero, 29% albume, 12% acqua.

Pasta all’uovo: 60% farina di grano “00”, 40% uova intere, q.b. sale.

Maionese: 74% olio di semi (mais o girasole ad esempio), 16,5% tuorlo, 9,5% succo di limone.

Crema pasticciera: 62% latte intero, 18% zucchero, 15% tuorlo, 5% amido di mais, q.b. bacca di vaniglia.

 

Let’s food together!

Acqua congelata nei prodotti alimentari?

in Ingredients/Products/SCIENCE

Un accenno al congelamento è stato presentato nel post qua congela l’acqua!  e, riprendendo il grafico sull’andamento della temperatura nel tempo, nelle prossime righe cercheremo di approfondire la tematica partendo proprio dall’acqua come solvente puro.

congelamento alimenti

Raffreddando il prodotto a 0 °C inizia la formazione di ghiaccio (da A a B). Da B a C, raffreddando ulteriormente, acqua e ghiaccio coesistono. In C, continuando, abbiamo solo ghiaccio.

Quello descritto è il caso ideale, quello che non è possibile avere nei prodotti alimentari dato che questi sono sistemi molto più complessi.

Ma cosa succede all’interno di un alimento?

Prima, durante e alla fine del processo di congelamento, una parte di acqua non congelata è sempre presente.

All’inizio del processo, facciamo coincidere l’acqua non congelata a quella presente nell’alimento fresco. Le numerose tabelle presenti sia nei libri di testo che in rete ci permettono di risalire a tale dato. L’INRAN ne mette a disposizione una semplice da consultare. Durante e alla fine dello stesso processo invece, l’acqua non congelata può essere calcolata (relazione di Bartlett).

Tralasciando in parte la teoria che porta allo sviluppo delle numerosi relazioni matematiche, conoscendo la temperatura all’inzio del congelamento (calcolata o tabulata) di un alimento riusciamo a calcolare la frazione molare di acqua non congelata a quella temperatura e indirettamente la % e il peso della frazione solida.

equazione Bartlett

Con un esempio applicativo dovrebbe essere più chiaro

Quanta acqua non congelata abbiamo nella frutta a -25 °C?

A titolo puramente esemplificativo, si consideri un frutto generico con una temperatura di inizio congelamento pari a -1°C (273,15-1,0 = 272,15 °K).

Conosciamo anche le costanti L = 6003 J/mol (calore latente di fusione del ghiaccio), R 8,314 J/mol/K (costante dei gas perfetti) e il peso molecolare dell’acqua che è pari a 18.

Sviluppiamo ed otteniamo che la frazione molare dell’acqua non congelata nella soluzione allo stato liquido (Xa) alla temperatura iniziale di congelamento è uguale a 0,990.

Consideriamo che alla temperatura iniziale, tutta l’acqua presente nel prodotto, supponiamo 85% (0,85) non sia congelata, quindi sottraendo questo valore al 100% (1) otteniamo la frazione solida (0,15) la cui massa molecolare equivale a 314,5.

Allo stesso modo visto in precedenza calcoliamo la frazione molare dell’acqua non congelata alla temperatura di -25 °C: 0,766.

Avendo tutti i dati, risolviamo con incognita Ya (frazione in massa dell’acqua) l’equazione precedentemente descritta ed otteniamo  0,028.

Così possiamo dedurre che l’acqua congelata è pari all’ 82,2% (85-2,8) e solo il 2,8% rimane non congelata, il che equivale anche a dire che il 96,5% circa dell’acqua totale a -25 °C è congelata.

frutta congelata

A -12 °C (un freezer casalingo)?

Svolgendo i calcoli seguendo lo stesso metodo (0,85-0,067)=0,783. L’acqua congelata è il 78,3% (92% circa dell’acqua totale).

A -40 °C (un congelatore industriale)?

L’acqua congelata in questo caso è pari a 83,5%, che corrisponde a circa il 98% dell’acqua totale.

Ai fini industriali, per esempio, queste ed altre relazioni hanno grande importanza per pianificare lo sviluppo di nuovi prodotti e valutarne  preventivamente la stabilità sia chimico-fisica che microbiologica.

Semifreddo bon bon

in IDEAS/Sweet

Semifreddo? Si perché, rispetto al gelato che viene servito a temperature intorno ai -10/-12 °C, questo prodotto trova il suo optimum di servizio a temperature più alte (tra i 0°C/-4°C fino a +8/+10 °C). Ci sono anche altre motivazioni che lo differenziano in parte da un gelato tradizionale e alle quali daremo più spazio nei prossimi interventi.

La ricetta della miscela di base che presentiamo in questo post è composta da latte intero, panna fresca montata, cioccolato fondente, pasta di nocciola, zucchero, tuorlo, destrosio, sciroppo di glucosio e amido di mais.

 

grammi ingrediente %
300 latte intero 30,0
286 panna fresca 28,6
190 cioccolato fondente 19,0
71 pasta di nocciola 7,1
71 zucchero 7,1
48 tuorlo d’uovo 4,8
19 destrosio 1,9
14 sciroppo di glucosio 1,4
1,4 amido di mais 0,14
0,5 farina di semi di carrube 0,05
1000 100

 

 

 

 

 

 

 

 

Per la panna va bene utilizzare quella standardizzata al 35% di materia grassa, il cioccolato fondente al 70-75% di cacao è da preferire e per lo sciroppo di glucosio (disidratato, in polvere) si consideri un DE compreso tra 39 e 42.

Lo sviluppo parte dalla predisposizione dell’area di lavoro e dalla preparazione degli ingredienti: lo zucchero, lo sciroppo di glucosio, il destrosio, l’amido e la carruba verranno ben miscelati insieme ed aggiunti al tuorlo freddo e alla pasta di nocciola mentre il latte verrà aggiunto dopo il suo riscaldamento ad 75 °C. Alla miscela così ottenuta incorporeremo prima il cioccolato fondente e, in un secondo momento, la panna fresca montata. Il  cioccolato fondente, il cioccolato bianco e il burro di cacao andranno sciolti a parte per ottenere una fine copertura che, nella variante con granella di nocciola, risulterà ancor più croccante.

Gli ingredienti:

le polveri (zucchero, destrosio, sciroppo di glucosio, amido e carruba)

zuccheri

il tuorlo pastorizzato (utilizzato alla temperatura di +4/+6 °C) che andrà leggermente montato con una frusta per 2 minuti,

tuorlo

la pasta di nocciola (100% da nocciole tostate)

pasta nocciola

e la miscela. Ai tuorli freddi, che risulteranno “schiariti” per aver inglobato aria, si aggiungono prima gli ingredienti in polvere e poi la pasta di nocciola. Gli ingredienti vanno sempre ben amalgamati con una frusta e lavorati per circa 2 minuti prima di aggiungere l’ingrediente successivo.

tuorlo zucchero nocciola

Il composto risulterà denso e leggermente “colloso”. Diventerà omogeneo una volta che aggiungeremo il latte caldo nella fase successiva.

polveri tuorlo nocciola miscelati

Si prepara il latte intero (se disponibile preferiamo utilizzare quello fresco)

latte intero fresco

che riscaldato fino a raggiungere i 75 °C

latte 75 °C

andrà aggiunto poco alla volta al composto precedente (tuorlo+polveri+pasta di nocciola). La temperatura finale dovrebbe aggirarsi intorno ai 4647 °C.

latte caldo tuorlo nocciola polveri

A seguire si aggiunge il cioccolato fondente (70-75% di cacao)

cioccolato di copertura fondente

mantenendo la temperatura della miscela intorno ai 45-47 °C fino al completo scioglimento del cioccolato (ad esempio fornendo calore sul fuoco a fiamma bassa, a bagnomaria,..) dopodiché

miscela con cioccolato

viene fatta raffreddare naturalmente alla temperatura di circa 40 °C.

miscela 40 °C cioccolato

Mentre il composto riposa, la panna fresca (utilizzata alla temperatura di +4/+6 °C)

panna liquida

è montata con un frullino elettrico alla massima velocità per 2-3 minuti. La panna risulterà soffice ma ben strutturata

panna montata

e aiutandosi con una spatola od un cucchiaio la si incorpora pian piano nella miscela di base (che nel frattempo avrà raggiunto una temperatura di 38-40 °C) fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo.

panna nel gelato

Mescolando bene si raffredda ulteriormente ad almeno 2022 °C.

miscela 22 °C

A questo punto si può optare per soluzioni diverse alcune delle quali cercheremo di illustrare nelle prossime righe.

La prima è quella di riporre tutta la miscela di base in una vaschetta o

gelato vaschetta

o negli stampi della forma preferita

semifreddo recipiente grande

e congelarla in freezer fino fino ad una temperatura di circa -18 °C. In questo modo possiamo conservare il prodotto per più giorni e prima di consumarlo si dovrà solo avere l’accortezza di riporlo nel frigorifero (+4 °C) o a temperatura ambiente fino a fargli raggiungere la consistenza desiderata prima del servizio (intorno ai -4/-6 °C) e di decorarlo a proprio gusto. Una variante ulteriore può essere quella di “affogarlo” direttamente nel caffè caldo.

-17,9 °C

La seconda, riprendendo la precedente, prevede che il prodotto ancora congelato venga frullato alla massima velocità per 3-5 minuti con un robot da cucina o un mixer adatto e servito come mousse fredda decorata a piacere.

gelato frullato

In funzione della quantità prodotto utilizzato e a seconda dell’attrito delle lame, la temperatura finale dovrebbe essere compresa tra lo zero e i -2°C. Se la temperatura risultasse maggiore o si volesse un prodotto più “denso”, si può sempre riporre la mousse nel freezer per 20-30 minuti prima di servirla.

gelato frullato 2

La terza, permetterà di preparare dei bon bon semplici, decorati o con diverse coperture: al cioccolato fondente, al cioccolato bianco o alla granella di nocciola.

La miscela di base (tuorlo+polveri+pasta di nocciola+latte+cioccolato+panna) preparata secondo la modalità descritte sopra va ripartita in modo uniforme negli stampini di silicone

silicone piccoli

e riposta nel freezer per almeno 2-3 ore trascorse le quali, una volta solidificata, si può procedere alla preparazione decorando,

semifreddo pallina

come in questo caso, con della granella di nocciola alla quale si può anche aggiungere del cacao in polvere o altro elemento a piacere. Consigliamo di lasciare riposare il prodotto a temperatura ambiente per alcuni minuti (5-10) prima del consumo così da ottenere la consistenza ideale.

E per le coperture, come procedere?

Per la copertura al cioccolato fondente:

grammi ingrediente %
91 cioccolato fondente* 70,0
39 burro di cacao 30,0
130 100

*cioccolato di copertura fondente

In un recipiente idoneo pesiamo il cioccolato fondente (cacao 70-75%) e il burro di cacao che scioglieremo al microonde. Indicativamente a 500600 Watt per 120180 secondi si dovrebbe riuscire ad ottenere una massa alla temperatura di circa 4245 °C che, una volta ben mescolata, dovrebbe risultare omogenea e lucida.

copertura fondente sciolta

Lasciamo riposare la copertura fluida nella quale, una volta che la sua temperatura sarà intorno ai 38-40 °C,

semifreddo mezza sfera

con l’aiuto di uno stuzzicadenti, ciascun bon bon appena tolto dal freezer e ancora congelato andrà immerso e fatto “asciugare” all’aria per alcuni secondi.

bon bon cioccolato fondente

La copertura deve essere mescolata per essere mantenuta omogenea e la sua temperatura compresa tra i 38 e i 40 °C. Potrebbe essere necessario di tanto in tanto scaldare leggermente la miscela al microonde (500-600 watt per 15-20 secondi, come indicazione). Il prodotto finito dovrebbe risultare ricoperto in ogni sua parte .

Per la copertura al cioccolato bianco:

grammi ingrediente %
140 cioccolato bianco 70,0
60 burro di cacao 30,0
200 100

si procede allo stesso modo appena descritto sostituendo copertura fondente con quella bianca.

copertura bianca

La variante con copertura croccante invece prevede uno step ulteriore derivante dal mix delle due precedenti ricette

grammi ingredienti %
150 copertura bianca 74,6
30 granella di nocciola 14,9
20 copertura nera 10,0
1 polvere di caffè 0,50
201   100

Si procede comunque, in linea generale, con i metodi già illustrati.

Il mix delle due coperture (bianca e fondente) 

mix bianco nero

con la granella di nocciola

mix bianco nero granelle

e la polvere di caffè.

copertura croccante

Giocando con un po’ di fantasia ecco la nostra interpretazione 

bon bon semifreddo

I bon bon ottenuti hanno un peso medio di 15 grammi ciascuno (la copertura incide con 3-5 grammi).

3 bon bon ricoperti a persona (circa 45 g) sono una porzione che ragionevolmente si può servire come dessert a fine pasto.

 

Dati di bilanciamento della miscela di base

kcal 330
kJ 1385
RAC* 19-20
GdD** 14-15
solidi totali 54-55%
Grassi 25,5-26%
di cui acidi grassi saturi 10%
SML 4,5%
zuccheri solubili 14,5-15%

*resistenza al congelamento
**grado di dolcezza

 

Valori nutrizionali medi di un bon bon (15 grammi) con copertura al cioccolato fondente

kcal 58
proteine 0,9 g
grassi 4,7 g
di cui acidi grassi saturi 2,5 g
carboidrati 3,2 g
di cui zuccheri 2,5 g
fibre 0,5 g

 

Valori nutrizionali medi di un bon bon (15 grammi) con copertura al cioccolato bianco

kcal 56
proteine 0,6 g
grassi 4,5 g
di cui acidi grassi saturi 2,4 g
carboidrati 3,0 g
di cui zuccheri 2,6 g
fibre 0,3 g

 

Valori nutrizionali medi di un bon bon (15 grammi) con copertura croccante

kcal 63
proteine 0,7 g
grassi 5,2 g
di cui acidi grassi saturi 2,6 g
carboidrati 3,3 g
di cui zuccheri 2,7 g
fibre 0,4 g

 

Let’s food together!

Qua congela l’acqua!

in Ingredients/Products/SCIENCE

Chi non ha mai messo nel proprio freezer le verdure di stagione per consumarle poi nei mesi successivi?
I risultati? Alcuni, buoni, altri ottimi e certi altri magari discutibili.

Come emerge dall’esperienza comune, il congelamento è una tecnica impiegata per la conservazione domestica e ampiamente diffusa nell’industria alimentare.

Semplificando, il concetto che sta alla base del processo è: l’acqua contenuta in un prodotto alimentare solidifica quando questo è posto ad una temperatura minore di 0 °C.

Nel primo tratto la temperatura si abbassa fin sotto il punto di congelamento (0 °C) prima che inizi la cristallizzazione. La cristallizzazione (solidificazione) avviene in due momenti specifici: la nucleazione e l’accrescimento dei cristalli di ghiaccio.

ice

Più veloce è il raffreddamento, più i cristalli saranno numerosi e di piccole dimensioni. Più lento è il raffreddamento, meno cristalli saranno presenti e questi saranno di dimensioni maggiori.  Il congelamento rapido è detto propriamente surgelazione ed è il metodo che permette di mantenere al meglio le caratteristiche qualitative di un prodotto. Con gli strumenti casalinghi generalmente non si possono ottenere i risultati possibili per  l’industria.

Gli alimenti sono sistemi complessi e diversi fenomeni e caratteristiche interagiscono durante questi processi (peso dell’alimento, tipo di alimento, temperatura iniziale dell’alimento,…). Schematizzando però si rappresenta graficamente il processo di congelamento relativo all’acqua. In ascissa (asse x) c’è il tempo ed in ordinata (asse y) la temperatura.

image-2

Da 1 a 2 la temperatura dell’acqua si abbassa al di sotto della temperatura di congelamento caratteristica (TF) senza che il ghiaccio inizi a formarsi. Si considera O °C per l’acqua pura.

Propriamente il punto 2 si definisce “sottoraffreddamento” o “sopraffusione”.

In 3 la temperatura arriva al punto di congelamento dove inizia la formazione dei cristalli di ghiaccio. Fino al punto 4 il ghiaccio continua a formarsi, i cristalli si strutturano. Come spiegato in un precedente post, i soluti a basse temperature tendono, per effetto del congelamento del solvente acqua, a concentrarsi e ad abbassare ulteriormente il punto crioscopico della soluzione.

Continuando il raffreddamento, la fase non congelata aumenta la propria viscosità e la cristallizzazione della stessa rallenta.

In corrispondenza del punto 5 si ha in un breve lasso di tempo un piccolo aumento di temperatura dovuto al fenomeno della “soprassaturazione” che cede calore al sistema (reazione esotermica). Continua poi la formazione di ghiaccio passando da 6 fino in 7 dove la temperatura dell’alimento è in equilibrio con quella dell’impianto o sistema congelante (TA).

Lo spazio compreso tra il punto 3 e il punto 7 indica il tempo di congelamento e come detto, l’ideale è che avvenga in tempi rapidi.

image-3

 

Let’s food together!

HLB – Hydrophilic Lipophilic Balance

in Ingredients/SCIENCE

HLB, acronimo di hydrophilic-lipophilic balance (Griffin, 1940).
L’argomento riguarda gli emulsionanti e più precisamente il valore di HLB fornisce una indicazione di quanto essi siano affini alla parte lipidica o a quella acquosa.

HLB_VALUE

Il concetto (semplificato) che sta alla base di ciò è il seguente: un emulsionante è tanto più affine alla parte lipidica tanto più questo presenta gruppi lipofilici e di conseguenza questo stabilizzerà con maggior facilità le emulsioni acqua in olio (W/O emulsions). Viceversa si comportano quelli adatti a stabilizzare le emulsioni olio in acqua (O/W emulsions).

HLB value/range* APPLICAZIONE
15-18 stabilizzanti della torbidità
13-15 detergenti
8-18 emulsionanti O/W
7-9 umettanti
4-6 emulsionanti W/O
0-3 antischiuma

*valori indicativi

Tanto più alto è il valore di HLB maggiore sarà la % di parte idrofila presente nell’emulsionante e, al contrario, valori bassi di HLB sono associati ad emulsionanti lipofili.

HLB value/range* EMULSIONANTE E
3-4 lecitina E322
15,5 polisorbato 80 E433
14,5 polisorbato 60 E435
10-11 polisorbato 65 E436
10 gelatina E441
10,5 metil cellulosa E461
4-8 mono e digliceridi degli acidi grassi E471
2-4 acetem E472a
2-4 lactem E472b
8-12 citrem E472c
8-10 datem E472e
3-16 sucresteri E473
5-13 esteri del poliglicerolo E476
2-3 esteri del propilenglicole E477
10-12 steaorile lattilato di sodio E481
5-6 steaorile lattilato di calcio E482
3-6 sorbitano monostearato E491
1 acido oleico
18 sodio oleato
20 potassio oleato

*valori indicativi medi

Nel caso si formulassero ricette con più emulsionanti (A e B), un metodo di calcolo per definire il valore di HLB del mix può essere il seguente:

HLB mix = (%A x HLB A)+(%B x HLB B)

Alcuni esempi di emulsioni alimentari:

W/O: burro, margarina, alcune creme dolci.

O/W: latte, gelato, salad dressing, liquori cremosi, maionese.

 

Let’s food together!

Abbassamento crioscopico

in Ingredients/SCIENCE

abbassamento_crioscopico

Proprietà colligative delle soluzioni:

innalzamento ebullioscopico

abbassamento crioscopico

pressione osmotica e abbassamento della tensione di vapore (che non esamineremo in questo post)

Semplificando: un soluto non volatile aggiunto ad un solvente cambia le proprietà chimico-fisiche della soluzione che ne deriva.

Facciamo un esempio pratico: quando cuociamo la pasta, aggiungendo il sale all’acqua, cambiamo il punto di ebollizione dell’acqua pura. I 100 °C non basteranno, ne serviranno un po’ di più. La stessa soluzione (acqua+sale) messa in freezer non congelerà a 0 °C come l’acqua pura ma ad una temperatura che può arrivare diversi gradi sotto lo zero (abbassamento crioscopico)

L’entità del cambiamento dipende essenzialmente dalla concentrazione del soluto (sale, zucchero, ecc..) che la soluzione contiene.

Uno sciroppo molto zuccherino, come può essere ad esempio il miele, non congelerà a 0 °C, ma a temperature nettamente inferiori. Questo perché la concentrazione di zucchero è tale da impedire all’acqua presente di essere libera di congelare alla temperatura alla quale congelerebbe se fosse pura. Estremizzando, lo zucchero puro non congela nemmeno a – 40 °C.

Del resto, già Galileo Galilei con il suo termometro ad alcol, all’inizio del 1600 aveva notato che 2 parti di ghiaccio + 1 parte di sale (NaCl, cloruro di sodio) abbassavano la temperatura a -20 °C prima che questa soluzione congelasse.

Prendendo in considerazione ciò che si applica al gelato, l’equazione espressa sopra è quella che regola l’abbassamento del punto di congelamento. Infatti anche grazie agli zuccheri (soluti) presenti nella miscela si può ottenere un gelato morbido alle usuali temperature di servizio (mediamente il range va dai -6 °C ai – 14 °C).

Cosa dice l’equazione?

∆Tc = Kc* b

∆Tc = abbassamento crioscopico (°C)
Kc = costante crioscopica molale (per l’acqua: 1,86 °C*kg/mol)
b = molalità (mol soluto/kg solvente)

Più soluto (sali, zuccheri, …) si aggiunge od è presente in un liquido (acqua, latte, succo,..) minore sarà la temperatura a cui l’acqua disponibile congelerà.

Unendo questa informazione a quelle derivanti dal potere dolcificante e dalla resistenza al congelamento si può iniziare ad avere una visione allargata di quello che accade in sistema complesso come il gelato.

Il gelato: lipidi ed emulsionanti

in Ingredients/Products/SCIENCE

OLI  e GRASSI nel gelato. Di questo cercheremo di parlare nel post di oggi.

Un piccolo accenno è stato fatto qui parlando delle emulsioni.

E’ bene dire, o ricordare a chi già lo sa, che i lipidi, così i grassi sono anche chiamati, sono costituti da un gruppo di elementi eterogenei dal punto di vista chimico che però hanno in comune l’insolubilità in acqua mentre sono solubili in determinati solventi organici come, ad esempio, l’acetone. Hanno una densità inferiore a 1, quindi ecco spiegato perché galleggiano sulla superficie dell’acqua.

Sono formati da una molecola di glicerolo e uno o più acidi grassi: se uno, abbiamo i monogliceridi, se due i digliceridi, se tre i trigliceridi ognuno dei quali ha determinate caratteristiche chimiche e fisiche. Gli acidi grassi sono composti da carbonio (C), idrogeno (H) e ossigeno (O). Il legame chimico tra gli atomi di C determina se questo sia saturo insaturo e, semplificando, possiamo dire che tanti più insaturi ci sono rispetto ai saturi, tanto più fluido sarà un lipide.

-C-C-C-C-C- , SATURO

-C=C-C-C-C- , (mono) INSATURO

-C=C-C=C=C- , (poli) INSATURO

Così, oli, più diffusi nel regno vegetale, sono definiti convenzionalmente quei grassi che si presentano liquidi a temperatura ambiente e grassi, più diffusi nel regno animale, quelli che appaiono solidi. Questa, come vedremo nella tabella più sotto, non è da intendersi come regola assoluta.

Capito da dove derivano i famosi (o, per alcuni, famigerati) mono- e digliceridi degli acidi grassi?

In etichetta di alcuni prodotti alimentari, e non solo dei gelati, ci può capitare di trovare questi ingredienti che sono identificati dal codice europeo E471. Vengono impiegati con specifiche funzioni tecnologiche e, nei gelati, soprattutto per la loro capacità emulsionante e “montante” (overrun), in parte riescono cioè ad aumentare la capacità della miscela di inglobare aria al proprio interno in fase di masticazione.

Pur non essendo strettamente necessari in alcune formulazioni, ricordiamo che esistono diverse norme che ne regolano il loro impiego e, nei limiti di utilizzo, sono stati considerati “sicuri” per l’organismo umano.

Nulla in contrario dunque sull’uso dell’E471, purché lo stesso sia giustificato e non indiscriminato.

Dopo questo breve inciso torniamo ai nostri amici grassi che, così come svolgono importanti compiti all’interno dell’organismo, altrettanto utili lo sono nel gelato in quanto influiscono sul “potere montante“, sul “calore” percepito in bocca e sulla “cremosità“. Uno sbilanciamento, un loro usolavorazione inappropriate portano queste speciali molecole a mettere in luce difetti quali una “durezza” eccessiva, “lucidità” e sensazioni “saponose“, giusto per citarne alcuni. Conseguentemente è importante usarne giuste quantità e sceglierne la tipologia più adatta allo scopo.

A puro titolo indicativo è interessante confrontare i contenuti percentuali di grasso nei gelati Europei e Statunitensi che rispettivamente si attestano su valori compresi tra il 3% e il 9% e tra l’ 11% e il 13%  (i famosi ice-cream made in USA!).

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In base a cosa possiamo scegliere il tipo di grasso da utilizzare nella preparazione di una miscela per gelato?

Origine della materia prima

VEGETALE

–   olio/grasso di cocco: se totalmente raffinato (al 100%), è un grasso insapore che riesce, grazie alla sua composizione chimica, a conferire una particolare “plasticità” in fase di masticazione e conservazione.

–   olio/grasso di palma: ai giorni nostri, anche perché gode di una reputazione, a ragione o a torto, non delle migliori, viene poco utilizzato. Più spesso utilizzato nei prodotti da forno.

–   margarina: da tutti (o quasi) conosciuta segue la via della palma e non trova molti impieghi in gelateria. Il retrogusto non sempre gradito è anche esso stesso un motivo per il quale viene accantonata.

ANIMALE

–   latte: sia esso intero (3,5% di grassi), p.s. (1,8% grassi) o scremato (0,5% grassi) contribuisce, apportando più o meno lipidi, a determinare gran parte alle caratteristiche del prodotto finale.

–   panna: contenente dal 35% al 42% di grasso è il grasso “nobile» per eccellenza.

–   burro: quello tradizionale è titolato a circa l’83%, la differenza (17%) è acqua.

  butter oil: è il burro anidro, puro al 99%. Praticamente privo di acqua è considerato “grasso allo stato puro”.

–   uovo (tuorlo): in determinate ricette possono anche esserci 10 tuorli per litro latte che contribuiscono ad apportare una importante fonte grassa e lecitine (emulsionanti naturali).

Nella produzione di prodotti alimentari che prevedono l’impiego dei grassi come ingrediente, e nello specifico di gelati, andrebbe prevista una “omogeneizzazione” cioè, semplificando, un processo di riduzione dei globuli di grasso al fine di poter avere un risultato finale “vellutato”. Per l’uso comune è spesso sufficiente utilizzare un comune frullatore ad immersione.

Caratteristiche chimico-fisiche

Considerare la specifica composizione ci aiuta a definirne le caratteristiche che, in maniera sperimentale, sono state riassunte in due parametri: il Punto Di Fusione (per i “solidi”) e il Punto Di Solidificazione (per i “liquidi”). Il PDF indica a che temperatura un solido passa alla stato liquido e, viceversa, il PDS indica a che temperatura un liquido solidifica.

PDF PDS
olio di mandorla da -10 °C a -25 °C
olio di nocciola -20 °C
olio di noce da -15 °C a -37 °C
olio di pistacchio da -10 °C a -11 °C
olio di cocco da 20 °C a 28 °C da 14 °C a 26 °C
olio/grasso di palma da 30 °C a 43 °C da 26 °C a 40 °C
palmistri da 23 °C a 30 °C da 20 °C a 27 °C
cocco idrogenato da 36 °C a 37 °C
palma idrogenato da 34 °C a 36 °C
cocco raffinato da 34 °C a 36 °C
burro di cacao da 26 °C a 36 °C da 20 °C a 27 °C
burro vaccino da 29 °C a 34 °C
burro anidro da 29 °C a 34 °C
butter oil da 19 °C a 32 °C
margarina vegetale da 35 °C a 37 °C

 

Il PDF in particolare, se ben interpretato, può migliorare sensibilmente il risultato sensoriale del prodotto finale.

Cerchiamo con un esempio dar seguito a questa affermazione e immaginiamo di prendere del “grasso di palma” con un PDF di 40 °C e di metterne in bocca una piccola quantità. Sapendo che la temperatura all’interno del cavo orale umano si aggira, in condizioni normali, intorno ai 36-37 °C, cosa vi aspettate accada?

Quel piccolo pezzetto solido non si scioglierà, o lo farà con difficoltà, facendo percepire una sensazione “saponosa” – “sabbiosa” e la spiegazione sta proprio nel fatto che la temperatura corporea non è sufficiente a far fondere del tutto il grasso in questione.

Le stesse considerazione possono essere così estese agli altri grassi per i quali si conosce il PDF e/o il PDS.

 

 

Let’s food together!

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