Quando parliamo di uova, intendiamo comunemente quelle di gallina anche se sul mercato si possono trovare da quelle di struzzo a quelle di quaglia. Ognuna con le sue peculiarità culinarie sono impiegate sopra e sotto l’equatore per la creazione delle più svariate leccornie. Tutte hanno però in comune il guscio, l’albume e il tuorlo.
Il guscio, esempio naturale di packaging, ha un colore variabile dal bianco (razza Livornese) al marrone cioccolato (razza Marans). Chimicamente è composto, secondo diversi autori, dal 98% di materia inorganica e di questa circa il 95% è carbonato di calcio (la calcite, fonte indispensabile per la costruzione dello scheletro nel pulcino) mentre la restante parte è divisa tra carbonato di magnesio, fosfato di calcio e fosfato di magnesio. Le sostanze organiche sono presenti solo in piccole percentuali e contribuiscono alla pigmentazione del guscio stesso.
Nel guscio, spessore totale pari a circa 0,2–0,4 mm, si distinguono microscopicamente 3 parti: esterna, intermedia ed interna. La parte esterna è porosa e ricoperta da uno sottilissimo velo di mucina (glicoproteina) la cui azione è quella di proteggere l’interno dell’uovo da contaminazioni microbiche. Nella mediana, che è spugnosa e in quella interna troviamo la maggior parte di calcite e la membrana testacea che funge anch’essa da protezione e, separandosi durante la deposizione, origina la camera d’aria. Interessante è ciò che accade quando un uovo viene illuminato alla lampada UV (lampada di Wood): se fresco risulta di colore rosso, se datato risulta blu. Questo viraggio corrisponde alla degradazione della sopra citata cuticola.
E’ possibile, soprattutto se il processo produttivo e distributivo non viene seguito attentamente, che una flora microbica alterativa e/o patogena sia presente sul guscio. Considerato ciò, il lavaggio delle uova prima del loro consumo, che di tanto in tanto si sente consigliato ed effettuato a livello casalingo, è da evitare viste le considerazioni fatte sin qui. Infatti, questi batteri potrebbero con l’acqua corrente passare dall’esterno all’interno dell’uovo attraverso il guscio poroso e, in concomitanza ad una non adeguata cottura, originare spiacevoli conseguenze nel consumatore.
Da più di qualche anno ormai (luglio 2005) sul guscio viene stampato un codice alfanumerico che identifica in sequenza: A) tipologia di allevamento (un numero: 0=biologico, 1=all’aperto, 2=a terra), B) Stato di produzione (due lettere: IT=Italia), C) codice ISTAT del comune di produzione (tre numeri), D) provincia del luogo di produzione (due lettere), E) allevamento in cui sono state deposte le uova (tre numeri). Più sotto si trovano invece il giorno e il mese dell’anno entro il quale consumare le uova. La decodificazione automatica ed informatizzata è offerta da alcune aziende direttamente da una loro pagina web creata ad hoc.
Per chi volesse, qui si possono trovare numerosi articoli di approfondimento tecnico-scientifico inerenti il guscio.
L’albume invece sarà il protagonista del prossimo post.
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