L’etichetta è fonte di informazioni per i consumatori ma tra numeri E, addensanti, regolatori di acidità ed emulsionanti non sempre la scelta del giusto prodotto e la comprensione di quanto è presente nello stesso è tutto fuorché semplice.
Alcuni prodotti lo sappiamo, sono buoni proprio perché additivi e aromi contribuiscono a caratterizzarne la struttura, il gusto, l’aroma. Cambiare una formulazione non è cosa semplice e togliere proprio questi elementi caratterizzanti potrebbe avere implicazioni negative soprattutto sul Brand.
Nel 1985 ci fu una rivolta da parte dei consumatori per il lancio della nuova bevanda a base di Cola: “we have a new formula for Coke“, disse il CEO Roberto Goizueta. Questa frase non riscosse un grande successo!
Come già espresso nel post del febbraio 2012 “Additivi Artigianali?” riteniamo che la presenza di additivi, in alcuni casi, possa essere diminuita e/o eliminata. Certo, nulla cade dal cielo e sia la ricerca di base che quella applicata sono necessarie e tanto importanti quanto lo sia rendere chiaramente informato e cosciente il consumatore del perché alcuni additivi vengano impiegati.
A distanza di un anno e mezzo sembra che l’argomento “etichetta pulita” inizi a far breccia un po’ in tutti i settori dell’industria alimentare.
Che cosa intendiamo con “pulita”?
Ci sono diverse interpretazioni e moltissime sfumature dell’argomento, in generale comunque, in ambito di Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Qualità possiamo far riferimento ad una formulazione, e quindi etichetta, senza o pochi ingredienti dal “chemical-sounding name” che, ad oggi, sembrano non convincere una parte dei consumatori al contrario di quelli dal “natural-sounding name“.
Ma chi definisce il confine? Come viene definita la sottile linea che separa il il “natural-sound” dal “chemical-sound“?
Risposta difficile dato che, se si scorre la lista degli additivi ammessi nel mondo alimentare, presto ci si accorge che la maggior parte di questi ha una qualche “origine naturale“. Si tratta forse solo di famigliarizzare con i nomi?
Non lo sappiamo con certezza, però, assumendo che esista questa differenza, pensiamo che la progettazione odierna di un prodotto debba prendere in considerazione più che in passato lo studio di nuove formulazioni e/o nuovi processi che permettano di togliere / sostituire / aggiungere / modificare uno o più ingredienti al fine di poter rendere il prodotto che ne deriva il più attrattivo possibile per il consumatore. Anche dal punto di vista nutrizionale.
Non si parla, ad esempio, di eliminare a priori qualsiasi tipo di additivo dai prodotti esistenti come se fossero tossici, ma di prevedere, in caso di ri-progettazione, anche solo delle lievi modifiche che permettano di soddisfare ancor più le richieste da parte dei consumatori interessati a scegliere alimenti “puliti” o “più puliti”.
Alcune soluzioni, quali potrebbero essere?
Un esempio su tutti, quello dei coloranti.
In questo caso è stata anche la legislazione a dettare più o meno direttamente un cambiamento di direzione. Famoso è il caso dei coloranti di Southmapton che ormai sono stati diffusamente abbandonati se non per determinate applicazioni.
Sostituire alcuni emulsionanti con specifiche fibre, utilizzare amidi specifici al posto di alcuni addensanti, estratti antiossidanti naturali invece che “di sintesi”, sono altre possibilità.
Chiaramente caso per caso andrebbe esaminata la fattibilità di quanto detto. Entrano di fatto in gioco molteplici fattori, non da ultimo la gestione dei costi, dei processi e delle strutture con relativi investimenti. Del resto se fosse così semplice, non se ne parlerebbe.
Insomma, un mondo tanto affascinante quanto complesso per certi versi anche perché esiste una (gran) parte di consumatori che, con gli stessi diritti degli altri, richiedono ai prodotti alimentari determinate caratteristiche d’uso, peculiari strutture e singolari attributi che sarebbero difficilmente ipotizzabili e raggiungibili senza l’impiego di specifici additivi. I piatti pronti surgelati non esistono in natura e per poter renderli succulenti, appetibili, conservabili ed industrializzabili potrebbe essere quasi inevitabile l’utilizzo di almeno un additivo.
Ottenere un prodotto “clean” in modo alternativo, migliorando costi, rese, processo, shelf-life e le caratteristiche sensoriali in toto, potrebbe essere una cosa auspicabile e ideale. Fattibile? Chissà!?!
Le soluzioni (da qualche parte) ci sono, si tratta di trovarle, proporle ed implementarle centrando in ogni caso l’obiettivo: far si che il Consumatore sia orgoglioso di ciò che ha scelto e soddisfatto di ciò che ha consumato!
Let’s food together!
[…] Il colore è elemento molto importante per la qualità percepita dal consumatore soprattutto in relazione ad alcuni prodotti ed è anche uno degli attributi che si cerca di controllare maggiormente durante lo sviluppo degli stessi. Croste bianche nel pane, biscotti, cipolle e patatine fritte “pallide” non sarebbero probabilmente così desiderate senza il loro caratteristico colore giallo/dorato/bruno sviluppatosi grazie alle reazioni menzionate. Allo stesso modo però risulterebbero sgradite se il loro colore apparisse troppo marcato (nero, bruciato). Anche da queste semplici considerazioni si evidenzia come sia importante conoscere i meccanismi che stanno alla base di tali trasformazioni per poterle meglio controllare e modulare durante i processi ai quali sottoponiamo gli alimenti. […]
[…] “conserva” a base di pomodori essiccati, olio extra vergine di oliva e un preparato aromatico che descriveremo meglio in […]
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